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Scrivi un commento al testo di Filippo Di Lella
Con tutta la mia inutilit

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Io
turista della parola
tanto scritta
quanto cantata,
infante acerbo
con sbagli adulti e
duttili incubi da smantellare;
io,
rigo storto nell’opera,
numeratore di un me stesso
frazionato e ingordo
che non alza lo sguardo,
accidioso,
invidioso,
tribuno di un Cesare inesistente,
io,
sovrano di un impero di niente,
così inutile
e immenso;
puoi averlo tu, lo vuoi?
Io… Io
con questo passo adulto che cede il passo
ad un passo bimbo, a quand’era spoglia la carne
e in quei prati sconosciuti e fieri
incontravo gatti, lepri e volpi;
nel lento volteggiare del falchetto
si rivelava il profumo delle corse a venire
e di tutti i fiati come orchestre nel vento,
nelle strade vedevi ragazzi servi,
la lana di calzoni appesi, grembiuli sporchi,
eppure
su quei volti vedevi talvolta la gioia umile
di chi lecca i piatti del padrone per pulirli,
eppure
in quelle strade il calore esule di un cero
oppure giochi rubati al mondo ‘’grande’’ di baci e promesse
e di quei campi percepivi la distesa solida e infinita
della loro solitudine fredda,
talvolta neve,
talvolta sole e nubi
e il suo profumo intatto di cui,
oramai lontano,
il bimbo cerca di rievocare la sua immagine
composta nella compiutezza dell’assieme;
e poi…
Poi il profumo delle patrie mani,
d’olio e vernici, di pietra e polvere
e il profumo sudato di madre,
di pelli amiche,
del freddo,
delle pietre che rompono lucchetti,
il profumo del profumo delle parole che vagavano dalle pagine di un Calvino,
di un Buzzati, di Omero, di Ungaretti
e avrebbe voluto urlare,
senza voce,
muto bimbo con passo adulto,
mentre cedeva il passo al passaggio del tempo ladro,
traballante tavolino di un’osteria chiusa da molto
nei suoi ieri.
Prendi tu,
non è nulla, cara, ecco: prendi,
prendi, prendi tu,
prendi questo nulla immenso e inutile,
piccolo, stupido bagaglio perso ad una stazione
lontana dove avrei voglia di calciare via i treni,
la luna,
il biglietto,
tutti gli zoticoni che si animano
a vedermi steso e i loro ''Poveretto…'',
calcerei via le etichette,
ma che va?

Ubriachi a Parigi,
a Mosca o a Helsinki,
noi…
Annichiliti dai tram
sbrilluccicanti di neon,
io e loro,
fossimo ( almeno ) vento, voleremmo
nel profumo di quelle vite distese nei campi vuoti
dove riecheggia il sapore del niente,
su quelle strade feroci,
pagando il biglietto di quel tram
con l’essere follemente buoni e ciechi
nella selvaggia sconfitta dell’essere uomo.

Io… Te lo dono,
prendi cara,
non è nulla, questo niente,
non è niente, non è niente,
è solo un profumo,
è solo lo spazio tra noi,
aria e passi che vanno via.

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